mercoledì 10 ottobre 2007

LA FAMIGLIA TORSOLI DI MONTICIANO - PARTE II-4


Azzurro sposò Ermellina Ciompi nel 1921. Nel 1922 nacque Alighiero al quale fu imposto il bel nome in ricordo dello zio caduto al fronte.
Intelligentissimo e sempre distintosi fra i migliori studenti nelle scuole superiori e all’università (“nella pattuglia di punta”), Alighiero si sarebbe laureato brillantemente in Medicina Veterinaria a Pisa e avrebbe dato prova della sua valentia divenendo professionista insigne. Durante il periodo pisano, lo diciamo a puro titolo documentaristico, ebbe in comune col cugino Aldo, iscritto a medicina, qualche corso universitario.
Mente alta ed aperta alle profonde speculazioni della scienza, sapeva esporla con chiara genialità, e, valente com’era ed efficace, riusciva ad avvincere gli animi.
Fu grande patriota, bella figura di umanista e storico. Uomo di profondi sentimenti. Severo e rigoroso non meno che giusto e sinceramente affettuoso. La sua carriera ebbe inizio a Buonconvento dove gli fu assegnata la “condotta” veterinaria (termine dell’epoca). Chi scrive lo ricorda più tardi, nei primi Anni ’60, instancabile e scrupoloso medico veterinario a Rapolano Terme quando ancora le campagne erano ben popolate e vi ferveva il lavoro agricolo. La sua automobile rombante, una 1100 FIAT, percorreva ad ogni ora del giorno in lungo e in largo quelle fertili contrade ed egli era sempre presente ove più lo chiamavano la sua etica professionale e il suo servizio.
Vicende pericolose trascorse durante la guerra, specie dal 1943. Si trovava a Pisa ancora studente universitario. Già da tempo, nell’ipotesi di uno sbarco delle truppe nemiche sul suolo italiano, aveva concertato col cugino Aldo che insieme avrebbero interrotto gli studi per arruolarsi come volontari. Pertanto quando le truppe alleate sbarcarono effettivamente in Sicilia essi vollero recarsi subito al Distretto Militare presentandosi nientemeno che allo zio Alberto che vi prestava servizio, chiedendo orgogliosi che venisse accolta la loro unanime domanda di arruolamento. Il saggio zio (e padre di Aldo) tentò in vari modi di dissuadere i due giovani dai loro propositi invitandoli con parole adatte e dettate dal buonsenso a rimandare la decisione per qualche tempo in attesa di ulteriori sviluppi della situazione politico-militare, ma l’entusiasmo dimostrato dai due giovani fu irrefrenabile. Così le domande dovettero essere compilate e consegnate al maresciallo di servizio, ma…. mancavano solo pochi giorni al 25 luglio 1943…

Nei mesi che seguirono Alighiero, studente datosi necessariamente alla macchia, fu anche catturato dalle truppe straniere occupanti, ma riuscì a liberarsi lanciandosi arditamente dalla finestra della stanza dove era stato rinchiuso in attesa di interrogatorio e si mise al sicuro con una corsa sfrenata attraverso campi e boschi…

Fra i passatempi preferiti di Alighiero vi erano la lettura colta (per esempio i libri di Denis Mac Smith sulla seconda guerra mondiale o le letture scientifiche inerenti la professione) e la pesca e, in epoca adatta, la ricerca dei funghi di cui era intenditore. Andava nei boschi col padre, maestro nell’arte, con la moglie e/o col figlio Francesco, anch’essi abili cercatori…
Di Alighiero ricordiamo anche la passione che ebbe per i lunghi viaggi a sfondo prevalentemente socio-culturale oltre che di svago. Visitò, tra l’altro, la Russia, la Turchia (a questo viaggio partecipò anche Francesco che al tempo aveva circa dodici anni e fu forse in quel periodo che nacque in lui una profonda passione per la navigazione tanto che in seguito volle frequentare l’Istituto Nautico a Livorno), la Yugoslavia, la Spagna ovunque e sempre cercando di farsi un’idea il più possibile veritiera delle condizioni e cultura locali su cui al ritorno esponeva brillantemente agli amici e familiari la sua critica costruttiva. Durante la visita in Russia la moglie di Alighiero, Mirella, di penna gradevolissima e fluida, vera e propria scrittrice-giornalista mancata, scrisse un importante ‘diario-cronaca’ del viaggio che oggi, a distanza di quasi cinquant’anni e mutati i tempi, meriterebbe d’essere pubblicato per freschezza viva d’immagini e significativo documento storico sulla Russia dell’epoca.


Alighiero aveva sposato nel 1948 Mirella Gadducci e fu padre di Francesco (n. 17.9.1951), il quale, diplomatosi brillantemente all’Istituto Nautico di Livorno Capitano di lungo corso, è oggi residente a Siena, ben inserito nei ruoli del Monte dei Paschi con incarichi di responsabilità. Il suo matrimonio con Marì Ciofi (1977), fu allietato dalla nascita di Valentina (n. 28.1.1978) e Francesca (n. 16.4.1981).
Da Valentina, sposata con Alessio Panzolli, nacque Giulia il 23 luglio 2006.

La sventura volle che, colpito da raro e inesorabile morbo - curato al meglio, ma inutilmente - il bravo Alighiero morisse ai primi di febbraio del 1968 in giovane età ed essendo ancora in vita entrambi gli anziani desolatissimi genitori. Come un esperto ammiraglio che conduce sereno la sua nave sapendo di avere le capacità di condurla in un porto sicuro nonostante le difficoltà, ma che viene travolto dai marosi in una gigantesca improvvisa tempesta, così la pur forte fibra del nostro Alighiero fu stroncata dalla malattia quando avrebbe potuto dare ancora tantissimo alla Famiglia, alla Patria e alla Scienza alle quali con tanto amore si era da sempre dedicato.

Ancora dobbiamo dire qualcosa di Azzurro, padre di Alighiero. Fu uomo mite, di ottimo carattere, comprensivo e ottimista. Dopo anni di uniforme grigioverde fece ritorno a Monticiano entrando come apprendista nella calzoleria di Giuseppe Gallori. Poi, messosi in proprio nella speranza di maggiori guadagni, aprì una bottega in via Augusto Barazzuoli in un fondo del palazzo di Antonio Franci. Come altri artigiani del luogo sapeva ben confezionare robusti scarponcini di vacchetta con suola imbullettata adatti ai lavori in campagna. Naturalmente si occupava volentieri anche di riparazioni e di risuolature. Leonardo Calossi nel citarlo giustamente fra i bravi artigiani di Monticiano ricorda che - curiosamente per noi che siamo vissuti in altri tempi, ma non altrettanto per i contemporanei - nello stesso locale eseguiva pure prestazioni di….. barbiere e di parrucchiere per uomo ! “In una mensola fissata al muro erano gli arnesi necessari… Alternava i due lavori con sconcertante disinvoltura”. Azzurro non frequentava le combriccole dei bevitori anche se talvolta gli piaceva giocare a tressette o a briscola con gli amici. A fine partita al posto del caffè o di un buon bicchiere di vino preferiva le caramelle per i suoi due bambini: Giovanna e Alighiero. Appassionato di musica, suonava il bombardino nella Filarmonica de ‘I Concordi’ diretta dal maestro Augusto Galli poi sostituito da Michele Petrini detto ‘Do-re’ (†1981) per l’abitudine che aveva di canterellare le canzoni in voga mentre passeggiava per strada sostituendo le note alle parole…

Alfredo (n. il 15 settembre 1902 †4 febbraio 1961), che pure ricordiamo con grande affetto, penultimo dei fratelli in ordine di tempo, non venne chiamato al servizio militare che in tempo di pace dopo la fine del conflitto. Ventenne prestò servizio di leva nei reparti dell’Esercito addetti agli aeroporti mentre si andava costituendo l’Aeronautica Militare come Forza Armata indipendente. Esattamente fece parte del “Raggruppamento Aeronautica” a Parma dal 22 settembre 1922. Ma il suo servizio militare durò poco. Infatti fu ammesso alla riduzione di ferma a tre mesi con determinazione del Consiglio di Leva del Circondario di Siena (20 aprile 1923) e mandato in congedo illimitato per riduzione di ferma (19 aprile 1923) dopo aver ottenuto la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore.

Il Foglio Matricolare annota che il 25 febbraio 1925 veniva inscritto nel ruolo della forza in congedo fra gli Aviatori e Dirigibilisti del Distretto Militare di Siena.
In data 5 maggio 1934 venne trasferito nella forza in congedo del R. Esercito. Diceva lo zio Aligi di ricordarsi che il fratello gli aveva detto come una sola volta, durante il periodo trascorso in uniforme, avesse effettuato un breve volo aereo per iniziativa del comandante del Raggruppamento che volle far provare ai dipendenti l’emozione… di almeno un volo in aeroplano prima del congedo…
Alfredo, come il fratello Azzurro, aveva intrapreso il mestiere di calzolaio secondo una buona e consolidata tradizione degli artigiani della cittadina natìa. Era specializzato nella confezione di scarpette da donna e nella produzione di scarpe leggere da uomo. Lavorava in un locale sito nello sdrucciolo che unisce via Augusto Barazzuoli a via della Fonte, detto ‘la Piazzetta del Ghigo’. Risulta che al tempo abitava proprio in via Barazzuoli n° 34.
Negli anni Cinquanta del secolo scorso, per circa un decennio, sua moglie Maria assunse la gestione del ristorante nella locanda dei Vieri al ‘Sodo’ (piazza Sant’Agostino).
Alfredo, fra l’altro, fece parte a Monticiano del Comitato esecutivo per la Festa decennale dell’anno 1939 in cui venne celebrata la devozione del popolo verso il beato Antonio Patrizi nei giorni 19-20-21 agosto, date non tradizionali, ma che vennero scelte per dare agio ai molti concittadini che si trovavano lontani per lavoro di poter rientrare in famiglia.
Egli ebbe ben cinque figli da Maria Magrini (1904 †1981) che aveva sposato nel 1925: Renzo (n. 1925 †2003), Lando (n. 1928), Mauro (n. 1930 †1990), Nicoletta (n.1939) e Gabriella (n. 1942).
Renzo sposò Mary Bogi da cui ebbe Silva (n. 1952) oggi residente a Firenze. Laureata, stimatissima e colta docente di geografia politica nelle scuole superiori. E’ proprietaria di un bell’edificio storico a Monticiano sull’antica piazza del Comune - oggi Piazza Garibaldi, dove sorgeva il Palazzo municipale distrutto per rappresaglia dai tedeschi nel giugno 1944 - edificio importante che merita di essere menzionato perché ritenuto 'coram populi' essere il più antico della cittadina a giungere fino a noi. Sembra infatti che risalga addirittura al XIV secolo.
Durante il secondo conflitto mondiale, nell’autunno 1943, Renzo fu chiamato alle armi con la sua classe di leva proprio nel periodo più tragico per la Nazione dopo la caduta del Fascismo (25 luglio).

Sul fronte di Cassino combatté Renzo con 19° Reggimento artiglieria dando prova di indubbio coraggio sempre sostenuto nello spirito da forte retaggio familiare e grande amor di patria.
Come lo zio Aligi su altro fronte di guerra, anche Renzo col volgere inesorabile degli eventi venne fatto prigioniero e dovette subire per più di un anno molte vessazioni nel Campo di concentramento (denominato PWE 337) che venne allestito nella requisita tenuta di Coltano nei pressi di Pisa - poi detto semplicemente “Campo di Coltano” - dove, sia detto per inciso, furono confinati tra gli altri anche il futuro Ministro per gli Italiani all’Estero Mirko Tremaglia (governo Berlusconi fino al 2006) che in un’intervista televisiva nell’agosto 2005 ricordò le condizioni disumane di questi prigionieri che furono circa 35.000, e il maggiore dell’esercito Edoardo Sala, eroe di guerra, uomo di alte virtù militari e civili, un simbolo ed un grande esempio di rettitudine e di amore per la Patria, comandante illuminato del 1° Reggimento Arditi Paracadutisti ‘Folgore’ arresosi - dopo aver ottenuto l’onore delle armi - alla 1a Divisione corazzata americana il 4 maggio 1945.
Il Campo di Coltano si distinse subito per l'eccezionale durezza delle condizioni di vita imposte. Condizioni di vita: ma dovremmo dire piuttosto di mera sopravvivenza, ai limiti del più elementare istinto di conservazione. Furono troppi quelli che non ce la fecero. Vi furono numerosi episodi di torture, fucilazioni di massa, violenze gratuite e tutto, come al solito, in violazione della Convenzione dell'Aja sui prigionieri di guerra. Ecco, al riguardo quanto dice Pietro Ciabattini, che in quel campo fu internato:
"Il 25 luglio 1945 tutti i prigionieri italiani concentrati nei vari PWE in Toscana erano già stati fatti affluire nel PWE 337, più conosciuto come "campo di Coltano". La sua triste esistenza fu taciuta all'opinione pubblica fino a metà settembre del 1945, dopo che gli americani il 30 agosto avevano trasferito alle autorità italiane la giurisdizione su quel campo di prigionia. Solo allora la stampa italiana si interessò di ciò che avveniva dietro quei reticolati in quella torrida pianura pisana, descrivendo la misera esistenza di migliaia di esseri umani, scalzi, nudi, laceri, malati e bisognosi di tutto, senza che nessuna autorità si decidesse ad addivenire ad una rapida soluzione del problema. Descrivere la disgraziata vita del PWE 337 è compito arduo nel timore di non essere creduto, ma più arduo è riuscire a convincere che ciò accadde davvero a prigionieri di guerra a conflitto ormai cessato"

Furono rinchiusi a Coltano dove si trovava Renzo: il poeta americano Ezra Pound; gli attori Raimondo Vianello, Walter Chiari, Enrico Maria Salerno; l'olimpionico di podismo Pino Dordoni; e ancora il giornalista Enrico Ameri, il regista Luciano Salce, il giovane - e non ancora senatore di AN - Giuseppe Turini. E migliaia e migliaia di sconosciuti. Molti dei quali non fecero più ritorno alle loro case. Perché assassinati senza alcun motivo e sepolti di nascosto nel campo sportivo di Castelfiorentino trasformato in cimitero clandestino. Nel '64 durante una bonifica vennero scoperti i resti di 350 persone, in gran parte senza nome.
Tra le torture alle quali furono sottoposti numerosi militari italiani, la più orribile era la cosiddetta «fossa dei fachiri», supplizio che non venne risparmiato nemmeno al poeta americano Ezra Pound, appena citato, accusato di collaborazionismo. Praticamente in alcune zone del campo di concentramento, che era tutto all'aperto, erano state scavate delle buche, alcune individuali e altre capaci di contenere fino a dieci persone in piedi. Il fondo dei pozzi cosparso di pietre aguzze messe vicinissime le une all'altre, per cui era impossibile infilare i piedi tra di esse. I prigionieri, quindi, erano costretti a poggiare i piedi su queste pietre appuntite, appunto come i fachiri. Punizioni atroci che scattavano per un nonnulla.
Bastava non aver salutato un graduato americano e si finiva nella buca. Torture simili, per ironia della sorte, furono poi riservate ai prigionieri americani dai nordvietnamiti durante la guerra del Vietnam.
Il 22 settembre 1997 fu inaugurato a Coltano un cippo dedicato alla ‘memoria’ dei Caduti del Campo. Se non l’avessimo letto con i nostri occhi non ci avremmo mai creduto, invece è tutto vero: un funzionario più che scrupoloso della Questura di Pisa, impose ai reduci di firmare un documento, un atto, burocraticamente chiamato “verbale di prescrizioni”, con il quale si diffidavano i vecchi reduci partecipanti alla commemorazione da portare sul luogo della cerimonia le loro insegne, le bandiere, i distintivi, le medaglie. Ogni commento è superfluo.
Solo nell’autunno 1945 i sopravvissuti di Coltano poterono tornare in libertà e far ritorno in famiglia sani e salvi.
Fra le Associazioni combattentistiche e d’Arma abbiamo rintracciato a Firenze l’ "Associazione Nazionale Reduci da Coltano e da altri luoghi di sofferenza".
Renzo fu sempre grande sportivo, specialmente appassionato di ciclismo. Molte foto lo ritraggono in coloratissima tenuta sportiva e in sella a leggére biciclette sfreccianti nel vento…. Negli anni ’50 si riteneva un ‘bartaliano’ quando il grande Gino Bartali coglieva storiche vittorie in patria e all’estero riempiendo di sé le cronache giornalistiche. Renzo tuttavia assai lealmente - nell’onestà che è propria del vero sportivo - non aveva difficoltà a riconoscere cavallerescamente i meriti del pur grande campione Fausto Coppi.
Come è stato giustamente ricordato da Aldo Ciompi nella splendida recente pubblicazione su Monticiano e il suo Beato, Renzo fu per anni sempre in prima linea come ‘cantore’ di razza in tutte le celebrazioni dell’anno liturgico monticianese.
Possiamo anche annotare che nel 1973 Renzo (sulle orme del padre Alfredo nel 1939) fece parte di una giunta esecutiva ristretta, eletta dal Comitato, per i festeggiamenti solenni straordinari in onore del Beato Antonio Patrizi (2-3-4-5 giugno).
Ancora nel 1994 Renzo fece parte della giunta esecutiva che si votò ad un duro lavoro di organizzazione per i festeggiamenti solenni decennali che in quell’anno furono stabiliti nei giorni 16, 17, 18 e 19 giugno e ai quali, battendo ogni record precedente, partecipò per la quarta volta (!) mons. Mario Ismaele Castellano, arcivescovo emerito di Siena (Oneglia 1913 - Siena †2007).

Fiaccato irrimediabilmente nella salute, Renzo ci lasciò a 78 anni il 14 novembre 2003.

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